Piccolo viaggio nella circoscrizione 8
La circoscrizione 8 è una delle realtà più composite ed affascinanti del capoluogo. Al suo interno convivono 123 nazionalità diverse di cittadini, quattro confessioni religiose, oltre 600 attività commerciali. San Salvario, che copre quasi per intero l’area circoscrizionale, è il suo rione simbolo. Qui l’immigrazione dei meridionali italiani del secolo scorso è stata progressivamente sostituita da quella degli stranieri e ciò se da un lato sta generando sempre più l’interazione fra culture diverse, dall’altro lato provoca anche frizioni tra i cittadini che la compongono. Gli osservatori più attenti ritengono che è in atto un processo di creazione di una nuova identità sociale del quartiere, ma ci vuole ancora del tempo perché questo ciclo si concluda.
Secondo i dati forniti dall’anagrafe del Comune di Torino, al 30 aprile 2011 i cittadini stranieri che risiedono nella circoscrizione 8 sono oltre 8.600 (8.632) su un totale di 58.501 abitanti (il 14,75%). Rispetto a marzo 2007 i cittadini non italiani sono aumentati di oltre 1.300 unità (1.325), mentre i residenti di origine italiana son scesi di 1.113 unità (da 50.982 di 4 anni fa a 49.869 di oggi). Questa tendenza non spaventa Mario Cornelio Levi, Presidente della divisione amministrativa dal 2006. “I cambiamenti che stanno intervenendo nella nostra zona indubbiamente sono portatori anche di alcuni problemi visto che determinati equilibri si stanno spostando. I servizi in generale sono il settore su cui maggiormente si sente questo peso, soprattutto sull’anagrafe, intasata di pratiche, e sulle prestazioni socio-assistenziali, con un aumento degli utenti presi in carico. Le scuole del territorio, invece, al pari di tutte le prestazioni culturali, stanno reagendo bene e sono sempre maggiori le politiche di integrazione messe in campo nei vari plessi. Ad ogni modo - conclude Levi - la circoscrizione sta reagendo bene a questo fenomeno tanto che a livello nazionale ed internazionale siamo considerati un quartiere modello, grazie ad un lavoro di mediazione messo in campo dalle istituzioni cittadine. Da noi le famiglie straniere e italiane stanno trovando un buon amalgama sociale, e ciò perché si è evitato di creare ghetti metropolitani che tanti problemi di ordine pubblico stanno minacciando altre realtà”.
Lasciando da parte la sociologia, i cambiamenti del rione si avvertono anche solo passeggiando tra le vie che lo compongono. Nei vari caseggiati i cognomi che si leggono sulle etichette dei campanelli ci portano in giro per il mondo, così come anche le lingue che inevitabilmente ascoltiamo nei supermercati, nei bar, in mezzo alla strada. Anche le tipologie dei negozi danno il loro segno dei tempi. Ristoranti cinesi, pizzerie e kebab gestite da arabi, panetterie e macellerie con proprietari romeni sono il risultato di questo mutamento che in qualche caso porta con se frizioni ed incomprensioni. “Una volta però era tutto diverso” racconta Emad, egiziano con cittadinanza italiana che lavora nella sua pizzeria di via Monti. “Io sono arrivato a Torino nel 1990 e mi ricordo che noi stranieri eravamo accolti bene dagli italiani. C’era tanto lavoro e questo favoriva un senso di aiuto e di solidarietà tra tutti. Ora, invece, la crisi economica e il numero sempre crescente di immigrati ha esasperato un po’ gli animi della gente e in generale si vive peggio di prima”.
Già, forse si viveva meglio qualche anno fa, ma l’evoluzione del mondo sempre più globalizzato ha i suoi costi. L’importante è che questi siano inferiori ai benefici di una società sempre più colorata, democratica e multirazziale. Oggi, però, non è ancora tempo di bilanci.